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Isabella Rigamonti Nata a
Besana in Brianza (MI) nel 1969, Isabella Rigamonti approfondisce gli studi
artistici presso il Liceo Artistico Collegio San Giuseppe di Monza e consegue
la laurea in Architettura-Design presso il Politecnico di Milano.
Il suo esordio
artistico è nel campo pittorico figurativo con tecniche tradizionali da cui ben
presto si allontana per confluire in una sperimentazione artistica di natura
percettiva informale, con tecniche e materiali espressivi inconsueti.
In concomitanza del
primo periodo espressivo prende forma il suo interesse per la fotografia
coltivata attraverso la frequentazione di diversi corsi di approfondimento,
anche presso l’Accademia Forma di Milano.
Fra i suoi soggetti
preferiti, ci sono le architetture, i particolari inanimati e le situazioni più
variegate della vita quotidiana, fotografati in diverse città.
Si presenta con un
lavoro di rielaborazione concettuale e gestuale in cui la fotografia da lei
scattata, non ritoccata in Photoshop, viene presentata in bianco e nero con
delle sovrapposizioni a collage di parti della stessa fotografia a colori.
Le parti della
fotografia a colori di cui il rilievo è visibile (e le contraddistingue,
determinando anche la loro unicità) vivono all'interno dell'opera di vita
propria, in quanto realizzate attraverso forme inusuali o geometriche, ma
tuttavia riescono ad individuare una dimensione differente, dove in virtù del
fatto di essere a colori, vanno a modificare il percepito dell'opera stessa
Ne consegue che la
percezione ha una natura mutevole, ed ogni opera è unica ed emozionante non
solo per la materia percepita di natura fotografica, ma variando la percezione
stessa ci rimanda alla genesi originaria della creazione e dell'atto
decisionale dello scatto.
Sono presenti due
chiavi di lettura originali, una di natura più formale, data dalla coesistenza
della fotografia scattata in bianco e nero con delle forme di colore
sovrapposte, ed una di natura più concettuale in cui il momento della creazione
dello scatto ed il messaggio che l'artista vuole ironicamente evidenziale
emerge. Di conseguenza l'opera perde una connotazione spazio/temporale precisa,
e appare sospesa in un divenire dove la percezione della luce rende reale
l'illusione e l’illusione estremamente reale.
"Andare oltre
la fotografia,
oltre una visione
dedicata al bianco e nero o al colore e rendere la loro differenza rarefatta.
Concentrarsi sul
l’importanza dello scatto nella propria visione e rielaborarlo concettualmente
e manualmente attraverso il collage.
Ridefinire uno
spazio attraverso il segno, sottolinearlo con una sovrapposizione, contrapporre
sensibilità differenti ed immaginare una dimensione nuova.
Porre attenzione al
fragile e repentino cambiamento delle cose che ci fa vivere immagini e contesti
sempre nuovi dove l’unicum della fotografia viene messo in discussione dai
nostri occhi abituati a cogliere il variare di tutto ciò che ci circonda.
Rappresentare
l’opacità del quotidiano ed aprirsi ad una visione evocativa di realtà nascoste
rendendole vibranti, uniche, cariche di emozioni che spesso non riusciamo a
memorizzare nel nostro vissuto; sicché il bisogno di nutrimento del nostro
immaginario viene sorretto dalla sovrapposizione di bianco/nero e colore.
Situazioni,
architetture, scenari urbani… figure cercano un riscontro nel nostro essere
globale ma spesso vuoti poiché i nostri ricordi non riescono a memorizzare e
evocare tutte le emozioni che nel quotidiano o nel girovagare a
trecentosessanta gradi ci circondano e ci provocano…
Esaltare la
positività, la capacità del costruire e del “fare” dell’uomo, integrando
modelli urbani ed epoche storiche differente, mostrando anche situazioni
curiose o persone.
Questo è il mio
modo di riflettermi nel mondo che ci circonda, di stimolare la vostra
immaginazione e di lasciare che il mondo ci affascini! Questo è il mio lavoro
artistico"
Peter Hide 311065 (Franco
Crugnola) nasce a Varese nel 1965. Creativo di professione, concepisce e
progetta con la moglie il primo e-book della storia nel 1992 (INCIPIT).
Collabora nel campo del design con importanti aziende quali SWATCH e ALESSI e
rilevanti aziende nel settore dell’arredamento.
La sua passione per
l’arte inizia negli anni ‘80 durante il suo “gap year” a NYC ove incontra e
conosce i maestri della pop e della street art internazionale. Tornato in
Italia inizia la sua carriera nel mondo dell’arte come artista indipendente.
E' il precursore
(insieme a Gianni Colosimo) di quella corrente artistica di carattere globale
(definita da Luca Beatrice in uno dei suoi ultimi saggi “MONEY ART”), che
attraverso l’uso sistematico di banconote nelle opere, utilizzate proprio come
supporto-materia del suo lavoro, sonda il delicato rapporto tra
società-economia, individuo-denaro, come "messaggio" di un malessere
contemporaneo.
Espone alla prima
Biennale di Malta nel 1995 e vince il secondo premio. Espone a Londra nel 2003,
Varese nel 2010, Berlino e Venezia nel 2011 e nello stesso anno inizia ad
esporre nelle gallerie del gruppo Orler, a Milano, Brescia e a Gallarate nel
2012, alla Triennale di Milano nel 2014, a Lugano e Porto Cervo nel 2015 e al
museo MA*GA e al museo F. Bodini nel 2016 e ancora a Monza, a Napoli, Milano, a
Galliate (NO) e al JRC di Ispra nel 2017, sempre con importanti collettive e ben
riuscite personali ove mette in “mostra” il denaro e il malessere della nostra
società in maniera scherzosa ed irriverente, in tutte le sue accezioni.
Nel 2017 partecipa
a Padiglione Tibet durante la 57° Biennale D’Arte di Venezia.
A complemento del
proprio percorso artistico, edita negli anni diversi libri d’artista con note
case editrici e partecipa alla IV° Biennale del Libro di Artista di Napoli nel
2017.
“Ho scelto
diversi anni fa il nome d’arte Peter Hide 311065 (mi chiamo Franco
Crugnola) derivandolo dall’ossimoro tra Peter pan (noto sempiterno
bambino buono) e mr. Hyde (la parte brutale e “cattiva” del dottor
Jekyll). i due nomi hanno la stessa notorietà e rappresentano il primo il bene,
l’innocenza, la purezza e la bellezza, il secondo il male, la cruenta e la
forza bruta. come nel romanzo di R. Stevenson ove
la lotta impari che oppone il bene e il male tra Jekyll a Hyde, mette in gioco
temi di grande suggestione, la metamorfosi e il doppio, lo specchio e il sosia,
fino a toccare le corde più segrete e inconfessate dell'animo umano, cosi nei
miei lavori cerco di ricreare il male che può prevaricarci
attraverso un’immagine allegra e scanzonata.
Cerco di
rappresentare attraverso immagini che fanno parte del nostro vivere quotidiano,
ed apparentemente concilianti, gli opposti che esse stesse rappresentano, e di
aprire nella mente dello spettatore che vorrà approfondirne la lettura, una
porta immaginaria verso il pericolo della sopraffazione dell'effimero. In una società
contemporanea, dove tutto è misurabile col e dal denaro, e dove spesso si ha la
sensazione che non solo il materiale ne sia soggiogato, ma anche l'immateriale,
la parte più unica che contraddistingue l'individuo, il denaro, ha per me il
valore simbolico di rappresentare il pericolo di una vasta decadenza culturale,
e per opposto il degrado che la sua mancanza ne produce.
Non voglio
rappresentare graficamente la povertà, la violenza fisica o psicologica, il
degrado ambientale, ma neppure la bellezza generata solo ed unicamente dalla
manipolazione della ricchezza, la sensazione di potenza quasi divina ed il
sogno di felicità, ma voglio far riflettere su che cosa genera ciò per cui
tutti noi ci affanniamo, viviamo e a volte moriamo: il denaro.”